
Il morbo di Alzheimer è la forma di demenza più comune che comporta un’alterazione delle funzioni cognitive e comportamentali.
I sintomi più caratteristici dell’Alzheimer sono: deficit di memoria, cambiamenti di personalità, problemi di linguaggio, confusione, disorientamento e perdita delle capacità di ragionamento e di giudizio.Il morbo di Alzheimer dipende anche da fattori genetici e ambientali: lo stile di vita e la familiarità inflenzano il decorso della malattia.
Il 13% delle persone con Alzheimer giovanile risulta avere familiarità e si pensa che la malattia deriverebbe da una mutazione genetica ereditaria.
Una diagnosi precoce della malattia consente di intervenire più rapidamente evitando un rapido peggioramento e permettendo di scegliere la gestione più ottimale del paziente. È stato visto come nei pazienti con l’Alzheimer il cervello subisce un processo di atrofia e presenta aggregati proteici che sembrano pregiudicare la sopravvivenza e la funzionalità dei neuroni.

Si tratta sia di aggregati proteici (placche) di peptide beta-amiloide che si formano all’esterno (extracellulare) e all’interno (intracellulare) dei neuroni . All’interno dei neuroni è stata riscontrata anche la presenza di ammassi neurofibrillari di proteina tau iperfosforilata che riflette l’intensità del danno neuronale e assonale.
Non è ancora completamente chiaro il ruolo degli aggregati proteici ma evidenze scientifiche confermano come le placche di beta-amiloide e gli ammassi di proteina tau interferiscano con la normale trasmissione nervosa interneuronale (tra neuroni) e sono in grado di provocare la morte della cellula nervosa.
Anche la presenza di neurofilamenti (filamenti intermedi intracellulari) nel sangue e nel liquido cerebrospinale rappresenta un biomarcatore non invasivo di neurodegenerazione, in particolare di danno assiale.
La concentrazione della proteina S100B (proteina legante il calcio astrogliale) nel liquido cerebrospinale riflette la gravità della condizione patologica. In molti casi invece i livelli di S100B nel sangue rimangono invariati durante il corso della malattia. L’enolasi specifica del neurone NSE (un isoenzima glicolitico situato nei neuroni centrali e periferici e nelle cellule neuroendocrine) è un biomarcatore dello stress neuronale e ha un potenziale prognostico per diversi disturbi neurologici oltre che per l’Alzheimer.
Uno dei fattori cruciali nella regolazione del sistema immunitario innato durante la progressione dell’AD è il recettore TREM2 espresso sulle cellule mieloidi 2. Si tratta di una proteina transmembrana specificatamente espressa dalla microglia del cervello ed è noto che la sua concentrazione aumenta 5 anni prima dell’inizio dei sintomi nell’AD.